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Censurare i social network? Gli utenti italiani si dividono

Un'indagine condotta sui fruitori di social network italiani ha messo in luce l'opinione favorevole di 4 utenti su 10 a implementare la regolamentazione sui portali come Facebook e Twitter, anche aumentando le censure. Il 24,5% sarebbe contrario.

Autore: Redazione D.Life

Pubblicato il: 23/02/2010

I social network, come dovrebbero essere? Zone franche ove esprimere le proprie opinioni su tutte le tipologie di argomenti o punti di incontro nei quale interagire, ma sempre rispettando regole di base?
Una ricerca Eurispes ha cercato di mettere sotto i riflettori le pluralità  di pensieri degli utenti italiani su questo argomento.
Sono stati infatti intervistati fruitori di social network come Facebook e Twitter ed è stato loro domandato quanto sarebbero d'accordo ad un inasprimento della censura su questi portali, in favore di una maggiore regolamentazione dei contenuti pubblicati.
4 italiani su 10 si sono detti d'accordo, mentre il 24,5% degli intervistati ha espresso l'opinione opposta, difendendo la libertà  di queste piattaforme di interazione.
Si registrano inoltre differenze di opinione legate alla provenienza geografica, soprattutto all'interno del Nord Italia, e ai dati anagrafici del target scelto: i difensori della libertà  dei social network del Nord-Ovest sono il 28,3%, mentre nel Nord-Est il 19,9%, rispettivamente le percentuali più alta e bassa.
Coloro che accoglierebbero con favore regole più severe si trovano in tutte le aree geografiche del Paese, con una variazione minima tra Nord-Est (39,8%) e Nord-Ovest (43,4%).
Le regole più severe sono auspicate dai 45-64 anni, presumibilmente genitori di giovani iscritti ai siti di social network, con una percentuale del 46,8%; al contrario il 30,7% dei 25-34enni ha dichiarato di essere contrario a censure e controlli sul web.
Fra gli altri dati emersi nella ricerca Eurispes, l'opinione che i siti di aggregazione sociale siano pericolosi per la privacy individuale (10,5%), favoriscano nuove forme di illegalità  (3,5%) e siano strumenti in grado di veicolare messaggi violenti o ideologici (7,1%).

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