Adesso anche il
web inciampa nello scandalo della pedofilia che ha colpito la Chiesa cattolica. E la polemica si allarga. Sul banco degli imputati,
Google: la società ha dovuto rispondere di una "stranezza" nei risultati del
motore di ricerca.
Digitando infatti "
Vatican", il primo risultato mostrato da BigG era il sito
www.pedofilo.com.
Certo, al secondo posto era presente il sito del Vaticano, ma il
link al primo sito non poteva che far indispettire la Santa sede e far sorridere coloro che non amano particolarmente la Chiesa.
Com'è potuto succedere tutto questo?
Mentre Google sottolinea che non si sia trattato di nessuna opera di
hackeraggio e che gli esperti si sono subito messi a lavoro per valutare le cause di ciò che è successo, sono state diverse le interpretazioni e le ipotesi.
Fra quelle maggiormente prese in considerazione, c'è il
Googlebombing. Questo sistema lavora proprio sul modus operandi dell'algoritmo di Google, sfruttandone il meccanismo principale. L'
algoritmo, infatti, attribuisce importanza ad una pagina web a seconda del numero di link verso di essa che si contano su altri siti web.
La società aveva assicurato il fatto che questo meccanismo non potesse essere strumentalizzato a propri fini, ma quanto accaduto con il Vaticano e il sito pedofilo.com fa scaturire qualche perplessità .
Ma oltre al nome singolare e che chiaramente gioca sul richiamo a questo grave, osceno, triste fenomeno, di cosa si occupa il portale coinvolto?
Secondo quanto trapelato, il sito, che risulta attualmente inaccessibile, dovrebbe trattare di
informazione religiosa. Nulla, quindi, a che vedere con la pedofilia, ma il
dominio, intestato a un messicano che gestisce la società informatica
Guionbajo nel Nuevo Leon, sembra intenzionalmente fuorviante.
Sembra che il problema sia stato ora risolto, ma dalla conclusione di questa vicenda restano i sorrisetti maliziosi di chi avversa la Santa sede e le perplessità dei vertici di BigG sulla facilità con cui il suo algoritmo è stato manovrato.
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