Una recente analisi, apparsa sugli “
Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze” (
Pnas) rivela che i social network tendono a formare comunità segregate, creando disinformazione
.
Tale ricerca costituisce un aggiornamento dell’ultimo studio del team di ricercatori del
Laboratory of Computational Social Science (CssLab) all’
Istituto di studi avanzati di Lucca e dell'
Università di Roma La Sapienza, coordinati da
Walter Quattrociocchi, che aveva analizzato le dinamiche di diffusione delle
bufale complottiste, studiando il comportamento degli utenti attraverso condivisioni e commenti su
Facebook.Dallo studio si evince che il fenomeno della
polarizzazione degli utenti sembra dominare il consumo di notizie su
Facebook. In parole povere, gli utenti tendono a concentrarsi su un numero limitato di testate giornalistiche e fonti di
notizie di cui condividono valori e punti di vista. Per questo motivo si ha sempre meno occasione di modificare le proprie
opinioni.
Un modo di fare che può trasformare i
social network in un elemento di disinformazione, anche più di quanto non faccia la diffusione di bufale varie e notizie non verificate.
In questa maniera, i social network tendono a formare comunità segregate, rendendo la comunicazione sempre più personalizzata, sia nel modo in cui viene proposta, sia come viene condivisa attraverso i social network. Gli utenti, infatti, sono soliti concentrarsi su narrazioni specifiche e a riunirsi in determinati gruppi, al fine di rafforzare la propria visione del mondo.
Servendosi di metodi di analisi statistica, il team di scienziati è arrivato a queste conclusioni analizzando le interazioni di
376 milioni di utenti di Facebook con più di
900 agenzie di stampa (elencate nello
European Media Monitor) nell’arco di circa 6 anni (tra gennaio 2010 e dicembre 2015).
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