Accusa antitrust per Google in Germania

In Germania, diversi editori di giornali e riviste hanno rivolto proteste ufficiali all'autorità  antitrust tedesca contro Google: vogliono che BigG paghi per i contenuti che indicizza. Altre lamentele sorgono da diverse aziende.

Autore: Andrea Sala

Google ha dichiarato di essere oggetto di proteste in Germania. L'accusa di un possibile caso di monopolio è stata presentata da un gruppo di editori presso l'Ufficio Federale antitrust tedesco. Altre accuse provengono da fonti diverse – Ciao di proprietà  di Microsoft e il sito di mappe Euro-Cities - ma sono relative a questioni simili. Al momento l'autorità  sta investigando e Google stessa è stata chiamata a esporre il proprio punto di vista. Come sempre, l'azienda americana si è detta disponibile a ogni chiarimento e collaborazione, nel rispetto delle leggi tedesche ed europee. BigG ha dichiarato di aiutare gli editori a monetizzare, grazie al grande volume di traffico internet che indirizza verso i loro siti e grazie alla pubblicità .
Ma gli editori tedeschi non la pensano così. Hans-Joachim Fuhrmann, portavoce dell'Associazione tedesca degli editori, ha dichiarato che i guadagni di tutti i siti di informazione in Germania arrivano a 100 milioni di Euro. Google, sempre in terra tedesca, ha incassato ben 1,2 miliardi di Euro, provenienti dalla sola pubblicità . 
"Google dice che ci procura traffico, ma il problema è che Google guadagna miliardi mentre noi non guadagniamo nulla", ha riferito Fuhrmann. Gli editori si sono lamentati anche di una mancanza di trasparenza, soprattutto nel modo in cui Google presenta i risultati di ricerca e gli incipit che rimandano agli articoli sulla fonte originaria. L'accusa è che il gigante della websearch manipoli tali risultati per mantenere la propria posizione dominante. Secondo comScore, Google possiede l'80% del mercato delle ricerche sul web in Germania. "Riteniamo che alcuni siti web guadagnino posizioni nel ranking di Google se possiedono forti relazioni commerciali con Google, e pensiamo di poterlo provare", ha dichiarato Fuhrmann.
Le altre accuse, come quelle sollevate da Ciao e Euro-cities riguardano sempre una supposta posizione di monopolio. Nello specifico, Ciao, di proprietà  di Microsoft, vuole rinegoziare i termini dell'accordo pubblicitario sottoscritto prima dell'acquisizione da parte dell'azienda americana. Euro-cities, invece, si lamenta del fatto che Google offra servizi di mappe gratuiti. Ma il problema più grosso riguarda i contenuti editoriali. Anche se l'offensiva tedesca non ha portato ad accuse ufficiali, in altre parti d'Europa si è già  passati all'azione. Anche se il mercato del vecchio continente è irrisorio rispetto ad esempio a quello cinese da 300 milioni di dollari l'anno, Google non vuole abbandonarlo. Ma le difficoltà  che sta incontrando sono molte.
Nel nostro paese, la scorsa estate l'antitrust ha perquisito gli uffici milanesi di Google, per fare chiarezza su una protesta sollevata da alcuni editori: nello specifico quest'ultimi hanno lamentato di non poter scegliere di essere esclusi da Google News, pur rimanendo all'interno dei classici risultati di ricerca. Google ha poi negato le accuse. In Belgio, un gruppo di editori chiamato Copiepresse ha citato Google perchà© bloccasse i collegamenti da Google News ad alcuni giornali online, dichiarando che suddetti giornali ne ricevessero un beneficio irrisorio o addirittura nullo. 
Hans-Joachim Fuhrmann riferisce che gli editori tedeschi non vedono Google come un nemico, nà© vogliono essere tolti dai suoi servizi. "Abbiamo bisogno di Google per il traffico", ha detto, "Ma Google è un gigante, un monopolista, e si è costretti a seguire le sue regole". La lamentela sembra essere parte di una nuova strategia studiata da giornali e riviste tedeschi. Capeggiati da Axel Springer, proprietario di Bild, e Hubert Burda Media, che possiede riviste come Focus e Bunte, gli editori hanno persuaso la Coalizione del Cancelliere Merkel ad appoggiare una proposta di legge che potrebbe costringere gli "aggregatori" di contenuti al pagamento di speciali licenze. Anche Google.

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