I Pc in aula distraggono gli studenti, gli Usa li vietano. E in Italia?

Diversi atenei negli Stati Uniti stanno vietando agli studenti di portare i Pc in aula, perchà© distrarrebbero dalla lezione. In Italia l'approccio alla questione sembra differente.

Autore: Santina Buscemi

Alcuni atenei statunitensi fanno dietrofront e riprendono in mano penna e foglio, a dispetto delle moderne tecnologie. "Riprendere in mano penna e foglio" non in senso figurato, ma nel vero senso delle parole: Pc chiusi negli zaini o negli armadietti e si reinizia a prendere appunti e a svolgere le esercitazioni con i "vecchi" metodi.
Il motivo?
I computer distrarrebbero gli studenti.
Fra i primi a fare qualche passo indietro e chiedere ai propri alunni di riprendere penna e foglio il professor David Cole, che insegna Legge nello stato di Washington, alla Georgetown University: già  dall'anno accademico 2006-2007 il professore aveva deciso di vietare il laptop agli studenti, definendolo una "seccatura attraente".
Dopo di lui un gran numero di docenti ha deciso di mettere da parte i computer e tornare ai vecchi sistemi. Il motivo essenzialmente uno, spiegato dal Washington Post come il "Web delle distrazioni": la connessione alla rete faceva sì che gli studenti trascorressero parte del loro tempo in aula chattando, rispondendo alle email, aggiornando i loro profili sui social network e addirittura vedendo video su YouTube e giocando online.
E la lezione? Un rumore di sottofondo?
Per evitare che si arrivasse a ciò, professori di alcune università  americane, come la George Washington University, all'American University, alla University of Virginia, hanno detto basta, sacrificando quanto i computer potessero offrire a livello di risorse, dalla velocità , alla possibilità  di incrociare la spiegazione a contenuti multimediali disponibili in rete, all'interazione diretta con docente e compagni.
L'interazione con i compagni era presente, ma magari sotto forma di commenti ai link postati sui profili su Facebook: una sorta di sostituzione dei vecchi "bigliettini" microscopici che tutti ci siamo passati sottobanco durante le ore di lezione ai tempi delle elementari, come durante i corsi universitari.
Inevitabile che tali decisioni abbiano innescato polemiche negli Usa sull'utilità  dei computer in classe: dalla sua, il professor Cole vanta un sondaggio in cui gli stessi studenti hanno ammesso di aver partecipato maggiormente alle discussioni in aula, dopo la messa al bando dei laptop, ammettendo (nel 95% dei casi) di "aver usato in passato il computer per scopi diversi dal prendere appunti".
Sembra inoltre che, col passare del tempo, questo metodo stia conquistando l'approvazione degli stessi studenti: se nel 2006, dopo la messa al bando dei computer gli iscritti all'University of Menphis si rivolsero all'American Bar Association per protestare, oggi sembra che il ritorno a penna e foglio sia accettato di buon grado.
Cosa avviene in Italia invece?
A differenza di quanto accada negli Usa, gli atenei italiani stanno andando verso una diffusione sempre maggiore dei laptop a lezione. Viene elogiata la possibilità  di permettere di prendere appunti in maniera veloce, senza il bisogno di registrare la lezione.
David Meghnagi, docente di Psicologia clinica all'Università  Roma Tre, propone un nuovo approccio alla questione "Pc-sì, Pc-no": a suo avviso i docenti devono conquistare l'attenzione degli studenti "sul campo" ossia proponendo lezioni interessanti e stimolanti, in grado di produrre l'effetto opposto, distrarre gli studenti dalle chat attraverso i contenuti della lezione; Meghnagi spiega: "è compito del docente "conquistare la credibilità  degli studenti sul campo", prima di accusarli di distrarsi troppo".
Si apre la sfida: professore 1, Facebook 0.

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