Le aziende divise sullutilizzo delle tecnologie Web 2.0 da parte dei dipendenti
L'indagine "Potere alle persone? Gestione della democrazia tecnologica sul posto di lavoro", commissionata da Trend Micro, rivela che il 48% dei dirigenti europei è favorevole a incrementare la libertà tecnologica alla "base", ma quasi la stessa percentuale (il 47%) dichiara l'opposto.
Autore: Redazione D.Life
L'indagine "Potere alle persone? Gestione della democrazia tecnologica sul posto di lavoro" commissionata da Trend Micro a The Economist Intelligence Unit, ha messo in evidenza che poco meno della metà degli intervistati (il 48%) si dichiara favorevole a incrementare la libertà tecnologica nella propria azienda, ma nel contempo, quasi la stessa percentuale (il 47%) dichiara l'esatto contrario. Nonostante questa "spaccatura a metà " nelle opinioni dei dirigenti aziendali, il fenomeno si sta evolvendo verso quella che può essere definita come una "rivoluzione silenziosa" all'interno delle aziende: i lavoratori reclamano una maggiore "democrazia tecnologica" per poter usare applicazioni come i social network per svolgere meglio il proprio lavoro. Le società europee sono divise di fronte al concetto di democrazia tecnologica, per diverse ragioni: ampliare la libertà di scelta dei dipendenti introduce molte incognite in un sistema prestabilito di funzioni e responsabilità nel settore IT; crea nuove opportunità professionali, ma espone anche le aziende a rischi che per anni hanno tentato di gestire e contenere. L'arrivo di numerose tecnologie innovative sul posto si lavoro ha trovato inoltre le aziende in gran parte impreparate. I dati relativi all'Italia non si discostano particolarmente da quelli rilevati nel resto d'Europa ed attestano più in generale un buon livello di apertura dei manager italiani nei confronti delle nuove tecnologie. Nel nostro Paese gli intervistati concordano sul fatto che sia aumentato l'uso di social network e applicazioni simili sul posto di lavoro: ne sono certi ben il 42,9% degli interpellati mentre il 34,7% dichiara di ritenere il fenomeno probabile anche se non ne ha la certezza. Per il momento, tuttavia, l'uso dei social network sul posto di lavoro, secondo il 71,4%, sembra rispondere più a un'esigenza personale dei dipendenti che a una necessità di tipo lavorativo. Il 63% ritiene di poter avere fiducia nel fatto che i dipendenti usino le applicazioni e i dispositivi in modo appropriato rispetto agli scopi lavorativi. La percezione dei rischi da parte dei manager italiani è sostanzialmente simile a quella dei colleghi europei: secondo il 42,8%, infatti, l'uso dei siti di social network avrebbe incrementato i rischi per la sicurezza dei dati aziendali. Alla domanda "come i senior manager dell'azienda valutano il trade off rischi - opportunità nel concedere maggiore libertà di usare le nuove tecnologie Web 2.0 sul posto di lavoro", il 38,8 % ritiene le opportunità superiori ai rischi contro un 28,5% che le ritiene inferiori. Ben il 30,6% ritiene vi sia invece allo stato attuale un bilanciamento tra le due voci. I timori legati alla diffusione delle nuove tecnologie sul posto di lavoro sono simili a quelli manifestati dai manager degli altri paesi: il 46,9% è d'accordo nel valutare la riduzione della produttività dei dipendenti come uno degli inconvenienti più probabili derivanti dall'uso dei social network, ma non solo. Secondo il 32,7% i siti di social network (in particolare Facebook e LinkedIn) potrebbero mettere a repentaglio le informazioni aziendali. Nonostante ciò, i manager italiani sembrano preferire una regolazione "soft" delle nuove tecnologie: ad essere colpite da un divieto assoluto di impiego potrebbero essere invece le applicazioni e i siti di file sharing (un'indicazione data dal 59,2% degli interpellati). Lo studio è stato condotto su un campione di 390 dirigenti attivi nel Regno Unito, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi, Svezia e Russia.
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