Nella conferenza stampa organizzata oggi da
Google Italia a Milano, il colosso della websearch ha presentato il
Data Liberation Front (DLF).
Il progetto, nato nel 2007 e basato sul
concetto di "openness" caro a BigG, ha come fine ultimo quello di
"liberare" i dati che gli utenti importano o esportano sui numerosi servizi internet di Google.
Brian Fitzpatrick, ideatore e capo del team di ingegneri che si occupano del progetto, ne ha illustrato gli obbiettivi: in linea generale, secondo il DLF gli utenti devono sempre avere la possibilità di esportare i propri dati in modo semplice, veloce e a costo zero. Questi tre aspetti sono fondamentali per il DLF e rappresentano lo scopo che anima il lavoro del team di ingegneri di Chicago.
Fitzpatrick evidenzia un
cambiamento sostanziale nel rapporto degli utenti con il computer, rapporto che è mutato con l'
avvento della rete: prima la totalità dei dati rimaneva immagazzinata in locale, nel proprio Pc. L'affermarsi di
internet e del
cloud computing, però, ha completamente alterato la situazione. Chiaro esempio di questa tendenza sono, appunto, i numerosi servizi che Google offre via internet, spesso accessibili gratuitamente e attraverso un comune web browser.
Il lavoro di Fitzpatrick e dei suoi collaboratori è strettamente connesso con questo tipo di approccio: il DLF intende, infatti,
consegnare agli utenti il pieno controllo sui loro dati. Nel dettaglio, il progetto si è concentrato sui cosiddetti "
Authenticated data", ossia i dati presenti nelle applicazioni che richiedono autenticazione, come
Gmail o
Google Docs, ad esempio.
Questo tipo di dati si contrappone ai "
Log Data", quelle informazioni che si creano senza un ruolo attivo dell'utente: è il caso delle ricerche "preferite" o gli annunci pubblicitari coerenti con gli argomenti che gli utilizzatori ritengono più interessanti.
Google sa che, oggi, è
molto semplice per un cybernauta passare da un servizio ad un altro, ed è proprio per questo motivo che l'azienda intende facilitare un'eventuale migrazione dai propri servizi verso altri. Se il fatto può apparire insolito, si pensi anche alle altre iniziative e prodotti di Google: tutti hanno denominatore comune l' "openness" e la completa libertà dell'utente.
Anche secondo Fitzpatrick
la scelta è vincente, sul lungo periodo: gli utenti dovrebbero stare con Google e le sue applicazioni perchè lo desiderano veramente, non perchè sono costretti. Anche a livello aziendale il colosso di Mountain View rispecchia questa visione: basti pensare ai molteplici progetti open source, come
Chrome e
Chromium, o all'ecosistema di ingegneri di Google, che Fitzpatrick definisce un "indipendent open system".
L'
innovazione, per BigG, è fondamentale, perchè migliora i servizi offerti e, di conseguenza, porta profitto. I vantaggi che si creano, sottolinea Fitzpatrick, sono a disposizione di tutti: l'esempio di Google, infatti, porta anche i vari competitor ad
innovare.
E proprio in questo senso si situa il lavoro del DLF, che si concentra su
due aspetti: la
scelta, "choice", e la
fiducia, "trust". Il primo aspetto garantisce all'utente la piena libertà di passare ad altri servizi: Google sa bene che, oggi, su internet i cambiamenti sono semplici e frequenti, per questo l'innovazione è così timportante. Se gli utenti decidono di abbandonare un servizio Google per un altro, devono poterlo fare velocemente e liberamente. Ma potranno anche tornare sui propri passi e il DLF si propone proprio di facilitare questo processo, permettendo un'agile importazione/esportazione di dati utilizzando
formati aperti.
E qui subentra il secondo aspetto, quello della fiducia: Google, infatti, offre agli utilizzatori tutti gli strumenti necessari per controllare e gestire i propri dati "in-the-cloud". L'approccio di Mountain View si contrappone quindi ai cosiddetti "
closed system", che tendono a "intrappolare" gli utenti all'interno di un sistema chiuso. Sistema che offre guadagni immediati, ma che tende a non funzionare sul lungo periodo.La ragione è abbastanza semplice ed è ben esemplificata da Fitzpatrick: "se non c'è bisogno di lavorare per tenersi stretti gli utenti, [le aziende] probabilmente non lo faranno".
Di conseguenza, tali sistemi risultano finalizzati alla creazione e al mantenimento di uno status quo. I problemi, però, nascono quando gli utenti vogliono uscirne: il processo sarà difficile e, in più, potrebbe anche danneggiare la reputazione dell'azienda, vista come "carceriere". Per questo è importante per Google che gli utenti possano andarsene a piacimento, senza ostacoli di sorta.
Il lavoro del DLF si può riassumere con le parole di Fitzpatrick: "Il DLF intende inserire in ogni applicazione di Google un ipotetico "bottone" da cliccare per estrarre i dati velocemente, liberamente e senza costi".
Perchè? Perchè così gli utenti si sentono più sicuri e, Google ne è certa, un utente soddisfatto è la chiave per un successo duraturo.