Niente tecnologia, il Washington Post sperimenta il giornalismo di un tempo

Il Washington Post ha chiesto a otto giornalisti di rinunciare a utilizzare web, smartphone e social network nello svolgere la loro professione, per una settimana intera. Ecco i risultati dell'esperimento.

Autore: Santina Buscemi

Il giornalismo com'era un tempo: taccuino, penna o matita, al massimo un registratore, ore in biblioteca o negli archivi, scarpe comode per viaggiare e muoversi alla ricerca di scoop e notizie.
E' questo "Unplugged Reporters", l'esperimento messo in atto dal Washington Post, che ha proposto ad otto giornalisti di rinunciare a tutte le tecnologie più sfruttate, ritornando, quindi, a una sorta di approccio del passato alla professione.
Niente iPhone, Blackberry, internet, social network: i modi in cui i giornalisti potevano svolgere il loro lavoro era attraverso contatti diretti con le fonti, interviste face to face o per telefono. E l'idea di questo esperimento è giunta proprio dai giornalisti, che si sono resi conto di essere troppo dipendenti da smartphone, internet & Co.
Però, a dispetto dell'entusiasmo iniziale, i giornalisti coinvolti hanno manifestato ansia prima di dedicarsi all'esperimento.
I risultati sono stati di due tipi: il primo negativo, il secondo positivo. Molti dei giornalisti sono "impazziti", manifestando apertamente la propria dipendenza dal web e dalle tecnologie, sia nei rapporti personali, che nello svolgere la professione.
Un esempio di ciò è quanto raccontato da Theresa Vargas, staff writer del Post, che ha chiesto di essere esonerata dal test dopo soli 2 giorni, con la scusa di avere difficoltà  a portare avanti il reportage su cui stava lavorando, perchà© "non era realizzabile senza internet".
Al contrario, alcuni giornalisti hanno riscoperto il modus operandi antico di lavorare e, terminato l'esperimento, hanno cambiato anche la fruizione di social network e rete, sia nella vita privata, che nel lavoro: Michael S. Rosenwald, ad esempio, che ha dichiarato: "Dopo quindici anni passati a navigare in rete, mi sono reso conto che i miei percorsi erano diventati più prevedibili, con meno sorprese. Avevo lasciato la casualità  fuori dalla mia vita. Ogni giorno decine di aggiornamenti e feeds automatici mi recapitavano direttamente sulla posta tutte le informazioni che ritenevo necessarie. Mi ero convinto di non aver più bisogno dei giornali. Poi, una volta fatto il log-off, è arrivata la liberazione: io non sono un gadget".
Qualche mese fa invece era stato organizzato un esperimento opposto: alcuni reporter infatti erano stati collegati ai soli siti di social networking, per svolgere il loro lavoro. Organizzato dalle Radio Pubbliche Francofone (RFP), l'esperimento prevedeva che cinque giornalisti provenienti da Francia, Canada, Belgio e Svizzera fossero rinchiusi per cinque giorni in un cottage nel Perigord (sudovest della Francia) utilizzando solo Facebook e Twitter come contatto con il mondo esterno.
Il test però è stato falsato: gli utenti dei social network, appena saputo dell'iniziativa, li avevano aiutati, scrivendo nei propri status quanto accadeva nel mondo, in modo che loro potessero avere informazioni utili.
Due esperimenti dissimili ma uniti nella riflessione di quanto il web e la tecnologia in generale stiano cambiando il mondo del giornalismo.

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