Assange: Facebook ci spia. Zuckerberg: solo se concediamo il permesso

Prosegue la querelle tra Facebook e Juliane Assange che lo accusa di spiare gli utenti e "venderne" i dati personali.

Autore: Redazione IT Tech & Social

In questi giorni a tenere banco in rete è il botta e risposta tra Juliane Assange e Facebook.
Il primo, Assange, giornalista e fondatore di Wikileaks, che con la pubblicazione dei suoi file ha fatto tremare più di un governo, ha recentemente accusato Marck Zuckerberg, fondatore di Facebook, di avere collaborazioni un po' troppo strette con le intelligence dei governi, soprattutto con la Cia e il governo americano.
In sostanza Assange sostiene che Facebook costituisca il più grande bacino di dati dal quale i servizi e i governi possono accedere liberamente.
Il fondatore di Wikileaks avverte che più partecipiamo al social network più semplifichiamo la vita di chi ci sta spiando dall'altra parte del cavo e soprattutto negli Stati Uniti, dove l'11 settembre ha fatto stringere le maglie dei controlli sui cittadini.
Queste affermazioni, forse non del tutto campate per aria, avrebbero allarmato moltissimi utenti del social network, anche perchà© tutto ciò che si scrive su Facebook potrebbe essere usato contro di noi in caso di procedimento giudiziario o dai servizi di polizia statali.
Assange ha accusato Facebook di svolgere il passaggio dei dati tra il social network e le intelligence, nel caso di un utente sottoposto a indagine, in modo del tutto automatico così da tagliare costi e tempi per un'operazione che per le casse dello stato avrebbe un costo.
Facebook, però non è stata a guardare e ha risposto alle accuse di Assange attraverso le pagine di Forbes: "Le osservazioni di Assange sono esagerate. E' vero che le cause civili e le forze dell'ordine si affidano sempre più a social network come Facebook  (come fonte di prova nelle indagini penali e cause legali) ma è la conseguenza delle nostre azioni, mettere a disposizione più informazioni su noi stessi di quante erano facilmente disponibili e individuabili fino a qualche anno fa.
"E circa il passaggio dei dati personali quelli di Palo Alto hanno risposto: "Noi non forniamo i dati dietro richiesta delle persone e governi, deve esistere un presupposto e una richiesta, legale, durante un processo. Le norme di legge variano da Stato a Stato e rispettiamo la volontà  delle Nazioni."
Le risposte di Facebook, però sono un po' all'acqua di rose e non convincono fino in fondo. Da Palo Alto, quindi ammettono che c'è un passaggio di dati, pur non essendo questo passaggio automatico.

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