Non è (più) un paese per malware: l’Italia è sempre più sicura

Il nostro Paese perde altre 20 posizioni nella classifica mondiale delle nazioni più attaccate.

Autore: Redazione BitCity

Check Point Software Technologies ha annunciato che l’Italia è partita con il piede giusto nel primo mese dell’anno, registrando un ulteriore calo di attacchi informatici. Le principali minacce ancora in atto sono Conficker, warm che punta ai sistemi operativi Windows, Cerber, un ransomware offline che è stato identificato per la prima volta nel febbraio 2016, e Zeus, un trojan Windows piuttosto diffuso, coinvolto principalmente in frodi bancarie.  
A livello mondiale tramonta la supremazia di Hummingbad, che, per la prima volta in un anno, ha perso la leadership di malware più diffuso per dispositivi mobili, secondo i dati del Global Threat Impact Index del team di Threat Intelligence Research. 
Hummingbad, infatti, è stato scavalcato ai vertici della top ten da Triada, una backdoor modulare per Android che garantisce permessi più elevati di quelli dell’utente, utilizzati poi per scaricare malware, e per realizzare queste operazioni all’interno dei processi di sistema. In totale, i malware per dispositivi mobili hanno causato il 9% di tutti gli attacchi riconosciuti, inoltre, secondo le ricerche, Kelihos, una botnet utilizzata per il furto di bitcoin, è stata la variante più diffusa, con infezioni scatenate contro il 5% delle organizzazioni a livello mondiale.  
In generale, le tre varianti di malware in questione svelano che gli hacker stanno sfruttando una vasta gamma di attacchi e di tecniche per colpire le aziende. Queste minacce si attivano durante tutti gli stadi dell’infezione, senza tralasciare ovviamente le email di spam inviate attraverso le botnet, e i downloader che installano ransomware o trojan sulle macchine delle vittime.  A livello mondiale, Kelihos è stata la variante di malware più attiva, con il 5% delle organizzazioni colpite, seguita da HackerDefender e Cryptowall, rispettivamente al secondo e al terzo posto, che hanno mietuto vittime tra il 4.5% delle aziende.

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