La Corte Usa investiga sulle etichette discografiche
L'accusa contro le maggiori etichette discografiche americane è grave: aver creato un cartello per decidere i prezzi della musica venduta sul web. La Corte di New York indaga.
Autore: Andrea Sala
La Corte d'Appello federale di New York ha deciso di riesaminare una sentenza precedente che scagionava le maggiori etichette discografiche dall'accusa di monopolio. Il Tribunale di Prima Istanza aveva ritenuto innocenti le società americane, senza riscontrare alcuna violazione dello Sherman Act. La faccenda però non si è conclusa: la Corte della Grande Mela, infatti, ha riaperto il caso, che vede imputate etichette discografiche di prima grandezza, fra cui Bertlesmann, EMI , Sony, Time Warner, Vivendi e Warner. L'accusa sostiene che le aziende musicali si siano accordate per decidere i prezzi delle canzoni vendute via internet, causando un sostanziale disequilibrio del mercato. In più, ai rivenditori che distribuivano musica delle etichette incriminate venivano imposti prezzi all'ingrosso di 70 cent a canzone. L'accordo illegale avrebbe interessato anche la concessione delle licenze alla vendita. Per questo il Giudice ha ravvisato nella documentazione presentata dall'organo accusatorio, delle prove che potrebbero sostenere l'ipotesi di un cartello e, quindi, ha riaperto il caso.
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