Ore di agitazione negli uffici di Zuckerberg & Co: il tormentone
privacy sta minando la serenità dei vertici di
Facebook.
Diverse critiche, che giungono sia dagli utenti del
social network che dalle istituzioni, hanno indotto il
team management della società a riunirsi, in un incontro straordinario a porte chiuse, per approfondire la questione privacy ed evitare che impatti sulla
popolarità del sito.
A seguito dell'intervento dei garanti europei per la privacy e le associazioni per i diritti online degli utenti, la questione della riservatezza degli iscritti non poteva più essere ignorata: da qui la decisione di organizzare questo
summit, durante il quale riflettere sul modus operandi da attuare.
Una
riunione a porte chiuse, della quale poco e nulla si è saputo: a conclusione dei lavori, è stato sottolineato come si sia trattato di una "discussione proficua".
L'unica misura resa nota è l'intenzione di aggiungere funzioni per contrastare il fenomeno degli
hacker che rubano informazioni personali, collegandosi agli account di altri utenti.
Nessun riferimento, quindi, agli aspetti maggiormente controversi del sito, in primis il servizio di
instant personalization, nato ad aprile e capace, in poco tempo, di suscitare una bufera di polemiche sui vertici del sito di social networking. Questa funzione permette ai partner di Facebook di utilizzare le
informazioni personali pubblicate dall'utente per offrire servizi ad hoc: quando l'utente si collega ad un
sito partner, si troverà davanti una serie di offerte, link e riferimenti creati a seconda delle informazioni captate da Facebook.
Una funzione disattivabile dagli utenti nelle opzioni privacy, ma comunque presente qualora la disattivazione non sia stata richiesta: ciò aveva scatenato le polemiche da parte del
Working Party, formato da tutti i garanti della privacy europei, che aveva inviato una lettera inviata ai responsabili del social network.
Fra gli altri critici della gestione della privacy sul sito si annoverano: un gruppo di
senatori Usa, che ha domandato più trasparenza nella gestione dei dati personali; l'associazione del web
Eff, la quale ha pubblicato una timeline mettendo in luce il progressivo peggioramento della tutela della privacy su Facebook; l'esperto
Matt McKeon, che ha
mostrato i peggioramenti del sito sulla questione
riservatezza.
Diverse voci, che collimano nell'indicare Zuckerberg e colleghi come i
responsabili di questo calo di attenzione verso il bisogno di tutelare gli utenti.
Utenti che iniziano a preoccuparsi seriamente delle informazioni caricate sul social network: questo problema condurrà ad una
disaffezione nei confronti del popolare social network?
Sarà questo il tallone d'Achille che determinerà il calo di fortuna del sito?
Intanto c'è chi si mobilita per creare alternative a Facebook: come ad esempio quella di quattro ragazzi americani che sono riusciti in pochi giorni a raccogliere 120 mila dollari per il progetto
Diaspora: un social network "open", che nascerà a settembre e che a differenza di Facebook darà agli utenti pieno e trasparente controllo sui propri dati personali. Attenzione Zuckerberg!