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Hacker cinesi spiavano l'India e il Dalai Lama

Il rapporto stilato, in tandem, dai ricercatori della Munk School of Global Affairs dell'Università  di Toronto e alcuni esperti Usa parla chiaro: alcuni hacker hanno spiato il Ministero della Difesa indiano per oltre otto mesi. L'attacco è risultato provenire dalla Cina, forse con il benestare del governo.

Autore: Andrea Sala

Pubblicato il: 06/04/2010

La Cina è ancora sotto i riflettori e ancora per problemi di sicurezza informatica. L'ultima notizia riguarda una massiccia operazione condotta da alcuni hacker nei confronti del governo indiano e del Dalai Lama: nome in codice "Shadow Network".
Secondo il report stilato dai ricercatori della
Munk School of Global Affairs dell'Università  di Toronto e da alcuni esperti Usa, infatti, un gruppo di pirati informatici avrebbe spiato per mesi i livelli più altri del governo indiano, rubandone informazioni altamente confidenziali su una vasta gamma di aspetti: dalla sicurezza interna alle relazioni diplomatiche con la Russia e altri paesi africani e mediorientali.
Ma il "furto" non si ferma qui. Lo spionaggio avrebbe consegnato nelle mani degli hacker anche dei rapporti riguardanti
i sistemi missilistici di Bombay e la dislocazione delle forze Nato in Afghanistan. Non è solo l'India, quindi, ad essere stata danneggiata dall'incursione pirata.
Secondo il report degli esperti canadesi e americani, gli strumenti utilizzati per "bucare" le difese governative sono stati i più classici servizi internet:
Blogspot, Twitter, Blog.com, Baidu, Yahoo! Mail hanno veicolato l'infezione e hanno tenuto sotto scacco i Pc interessati. Ovviamente le rispettive società  fornitrici non hanno alcuna colpa.
Ma il vero bersaglio dell'azione spionistica, secondo il rapporto, sembra essere stato il Dalai Lama: è stato proprio il personaggio tibetano il soggetto più controllato e danneggiato dall'operazione criminale. Durante i mesi, infatti, gli hacker avrebbero sottratto numerosi documenti privati al leader tibetano, email comprese.
E proprio grazie a questa speciale attenzione i ricercatori hanno potuto concentrarsi sulla Cina, durante la ricerca dell'origine dell'attacco. Ed è risultato che
tutto è partito dalla provincia cinese di Sichuan, forse con il benestare del governo della Repubblica Popolare. Sembra, inoltre, che uno degli hacker coinvolti nella vicenda - noto con il soprannome di "lost33" - sia legato alla locale Università  di Scienza Elettronica e Tecnologia.
Nel documento presentato dai ricercatori, però, si specifica che non è certo un coinvolgimento delle autorità  cinesi nella manovra, "ma una domanda importante è se la Cina intraprenderà  delle iniziative per eliminarla".
Una portavoce del Ministero degli Esteri cinese, interrogata sulla questione, ha riposto di essere all'oscuro riguardo alle prove accumulate dagli esperti nordamericani, nà© di conoscere le loro motivazioni. Ma si è affrettata a stigmatizzare, per conto del governo, ogni tipo di azione criminale informatica
Il Ministro delle Comunicazioni indiano,
Sachin Pilot aveva recentemente dichiarato di essere al corrente dell'azione criminale, azione che, secondo Pilot, non aveva avuto esito positivo. Dopo l'ultimo rapporto, però, il Ministero della Difesa avrebbe aperto delle indagini. Nessuna dichiarazione ufficiale è arrivata da Bombay.



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