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L'antitrust europeo accusa le aziende di monitor CRT

La Commissione Europea ha accusato alcune aziende produttrici di monitor CRT di aver costituito un cartello. Tra le società  indagate anche Philips.

Autore: Andrea Sala

Pubblicato il: 27/11/2009

La Commissione Europea ha accusato le aziende produttrici di schermi a tubo catodico di aver creato un cartello per controllare il mercato dei monitor e delle Tv.
La Commissione non ha fatto nomi ma il colosso olandese Philips ha dichiarato di aver ricevuto un avviso formale dall'organo europeo. Le accuse fanno seguito ad un'indagine iniziata nel 2007, dopo alcune polemiche avanzate dai consumatori: Philips e altre cinque aziende produttrici si sarebbero accordate per non far scendere i prezzi degli schermi CRT, ormai soppiantati dalla tecnologia LCD.
Il mercato dei display a tubo catodico si divide in due sezioni, gli schermi CRT a colori per i computer e quelli a colori per le Tv. La tecnologia, come riferito più sopra, è stata superata dagli schermi al plasma e LCD, tuttavia rimane ancora viva nei paesi in via di sviluppo.
Le altre società  oggetto delle critiche dei consumatori erano LG, Chunghwa Picture Tubes (una divisione del produttore Taiwanese Tatung) Matsushita, Samsung e Toshiba. Già  quattro mesi fa la UE aveva mosso accuse simili anche ai produttori di monitor LCD.
L'indagine europea si avvale della collaborazione di altre autorità  antitrust, ad esempio quella giapponese. Lo riferisce il portavoce Jonathan Todd che rivela anche come, nonostante il mercato degli schermi CRT sia diminuito, essi siano "ampiamente utilizzati in nell'est e nel sud dell'Europa, specialmente per le Tv".
Joon Knapen, portavoce di Philips ha dichiarato che i display CRT "sono ancora prodotti per un paio di mercati emergenti, ma i volumi sono molto bassi". L'azienda olandese ha riferito che studierà  in dettaglio l'avviso della Commisione, rimarcando che rimarrà  fedele alla propria policy di "condurre affari nel rispetto delle leggi vigenti in materia di concorrenza. Philips prende molto seriamente le indagini riguardanti le violazioni di tali norme".
Le società  interessate hanno a disposizione due mesi per rispondere agli avvisi della Commissione e possono richiedere una consultazione con la Sezione Antitrust dell'organo europeo.

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