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Aggressione a Berlusconi, i social network documentano la reazione degli italiani

A seguito del ferimento di Berlusconi, su Facebook sono nati diversi gruppi di commento su quanto successo, alcuni di solidarietà  al Premier, altri inneggianti all'aggressore.

Autore: Redazione D.Life

Pubblicato il: 14/12/2009

Basta digitare il cognome dell'aggressore "Tartaglia" nel motore di ricerca di Facebook, per leggere il nome dei gruppi fondati a seguito del ferimento di Silvio Berlusconi.
Quanto accaduto ieri sera, in piazza Duomo a Milano, al termine del comizio del Premier, è divenuto immediatamente uno degli argomenti più discussi sul social network.
Numerosi utenti, oltre a commentare i fatti nei propri status, hanno formato gruppi di commento e di aggregazione, per testimoniare il proprio pensiero.
Gruppi di solidarietà  a Berlusconi, più o meno commossi e critici, a seconda del pensiero politico degli iscritti: se i simpatizzanti dell'uomo politico hanno unito lo sconcerto e il dolore per quanto successo, alla critica all'opposizione, colpevole di aver fomentato l'odio verso il Premier, coloro che si collocano ideologicamente a sinistra e hanno spesso criticato il modus operandi del Cavaliere, oltre a manifestare solidarietà  a Berlusconi, hanno richiamato l'attenzione sulle conseguenze che il clima politico di odio e accusa hanno determinato.
Al di fuori di questa categoria di gruppi, che uniscono cittadini di destra, di sinistra e a-politici, nella solidarietà  al Presidente del Consiglio, sono anche sorti gruppi inneggianti a Massimo Tartaglia, l'uomo di 42 anni che ha lanciato la statuetta del Duomo, ferendo e facendo sanguinare il volto di Berlusconi.
I media e la classe politica stanno analizzando l'insorgere di questi gruppi, puntando i riflettori sui contenuti e sui titoli scelti dagli amministratori "Tartaglia for President", "Tartaglia libero", "Solidarietà  per Tartaglia": da quanto riportato sulla Reuters, il Pdl ha chiesto la chiusura di questi gruppi, perchà© in grado di "ispirare l'odio politico".
Qualcosa del genere avvenne per il gruppo "Uccidiamo Berlusconi", criticato fortemente e che si domandò fosse chiuso dai gestori del social network, che risposero di non poter procedere in tal senso, ma domandarono ai fondatori del gruppo incriminato di cambiare il nome, e così si chiuse la vicenda.
Ancora una volta Facebook mostra lo spaccato ideologico del Paese e diviene lo specchio delle riflessioni dei cittadini su quanto avviene. E ancora una volta la creazione di alcuni gruppi sul social network, chiama in causa le norme sulla chiusura o l'oscuramento di gruppi stabilite dal team management di Facebook.

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