"Un decennio di
file sharing ha reso evidente che a soffrirne è chi la musica la crea": una frase che riassume il preoccupato allarme lanciato da
Bono Vox.
Il leader degli
U2, dalle colonne del
New York Times, analizza l'andamento del mercato musicale mondiale, soprattutto in connessione con il fenomeno del download illegale.
Da quanto messo in rilievo dall'artista nell'editoriale scritto per il quotidiano, i veri colpevoli sono i "ricchi
service provider i cui profitti gonfiati riflettono esattamente il calo di
fatturato del
music business": una proporzione che denota come i portali di file sharing si arricchiscano, danneggiando gli artisti.
La giustificazione addotta dai provider, cioè quella di fornire un semplice "
servizio postale" e quindi di non poter conoscere i
contenuti gestiti, è criticata da Bono Vox, che ricorda come la lotta degli Usa alla
pedopornografia online e l'esempio negativo della
censura cinese del web, mostrano come invece un controllo sia possibile.
Bono, nell'articolo di accusa, non prende le difese dei soli artisti affermati, ma dei
giovani musicisti, spiegando come "i giovani autori in erba, che a differenza dei meno solidali tra di noi, non possono vivere vendendo biglietti di concerti e T-shirt".
Una voce autorevole, quindi, che esplicita gli effetti del file sharing sulla
musica e che, è verosimile ipotizzare scatenerà una
discussione a riguardo, fra chi protegge i service provider e chi li critica.
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