La
Cina ribatte colpo su colpo. Dopo la minaccia di
Google di chiudere tutti i suoi uffici nel paese asiatico, accompagnata dalla rimozione dei filtri di censura sul proprio portale, il governo di Pechino ha ribadito con fermezza le proprie posizioni.
Il ministro dell'Ufficio informazioni del consiglio di Stato,
Wang Chen, ha dichiarato che le aziende internet devono sostenere l'azione delle autorità , aiutandole a "guidare l'opinione pubblica" per preservarla dalle minacce di pornografia online, frodi e rumour.
"La legge cinese vieta qualsiasi forma di cyber-attacco" ha aggiunto il portavoce del Ministero degli Esteri
Jiang Yu, implicitamente discolpando il governo rispetto agli attacchi informatici che hanno interessato i portali Google. Secondo quanto affermato da Yu, la Cina accoglie favorevolmente le aziende straniere che partecipano allo sviluppo di internet "nel rispetto della legge".
Il braccio di ferro tra Pechino e la società di Mountain View rischia di tramutarsi in qualcosa di molto più serio, nella prima
"guerra fredda digitale" della storia. I rapporti tra Cina e Stati Uniti si sono infatti ultimamente deteriorati per varie vicende, legate per esempio alla situazione di Taiwan e ai contributi dei due paesi nella lotta al cambiamento climatico. La questione della libertà del web ora complica ulteriormente le cose.
L'unico a beneficiare dello scontro è per ora
Baidu, il motore di ricerca cinese che detiene il 60% dello share sul mercato: le sue azioni sono salite notevolmente nel preborsa.
Intanto, cresce la preoccupazione tra gli
internauti cinesi: alcuni di essi hanno portato davanti alla sede di Google fiori, lettere d'addio e ceri accesi per manifestare il loro disappunto e convincere la società a ripensare alla propria decisione.
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