Facebook ancora sotto accusa a causa della privacy, o meglio della non-privacy. Ad accusare il social network questa volta è l'Article 29 Data Protection Working Party, organo ufficiale della UE che si occupa della tutela dei dati personali.
Nel dettaglio, l'autorità europea ha accusato Facebook di comportamento scorretto nei confronti degli utenti: il sito avrebbe reso pubbliche delle informazioni degli iscritti, anche se quest'ultimi avevano indicato diversamente nelle impostazioni personali.
Nel mirino la funzione di "personalizzazione istantanea", di default attiva su Microsoft Docs.com, Pandora e Yelp. Questa opzione di fatto condivide con i siti di cui sopra le informazioni che l'utente ha immesso in Facebook. L'eliminazione del pericolo si ottiene accedendo alle impostazioni sulla privacy e compiendo una serie di scelte. Non è certo un metodo chiaro e semplice.
Il tutto si va a inserire nell'annosa polemica su questo spinoso aspetto: molti infatti accusano Facebook di aver consapevolmente complicato le impostazioni sulla privacy. Perchè? Ovviamente perchè gli utenti condividano quante più informazioni possibili, riutilizzabili per fini commerciali.
Proprio per questi timori, Facebook e lo stesso fondatore Zuckerberg sono stati interpellati da diversi parlamentari americani, oltre che dalla Federal Communication Commission (FCC). Cosa sceglierà il social network più diffuso al mondo? Sceglierà di compromettere la propria immagine in funzione dei guadagni o tutelerà gli oltre 400 milioni utenti, vero motivo del suo successo?
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