Sempre più
bambini e
adolescenti dietro al Pc. Gli ultimi dati sulla
navigazione online mostrano un incremento del numero degli utenti più piccoli.
Grazie alla ricerca "Bambini e adolescenti: un quadro degli ultimi 10 anni", condotto da
Eurispes e
Telefono Azzurro in occasione del ventennale della Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia, si è approfondito il rapporto fra le giovani generazioni e la rete.
Dai dati emersi si evince come la fruizione del
web sia in crescita. In particolare, tra i bambini c'è stato un aumento di circa il 10%, fra il 2002 e il 2006, passando dal 39,2% al 48,2%.
Per quel che riguarda gli adolescenti, il passaggio è stato dal 71,3% del 2002 all'84,7% del 2006.
Anche i
social network hanno un ruolo rilevante in questo prospetto, principalmente
Facebook, con il 71,1% degli adolescenti che possiede un profilo personale sul sito creato da Zuckerberg.
Gli altri siti di social networking riescono ad agguantare percentuali minori di adesioni da parte dei più piccoli :
MySpace (17,1%);
Habbo (10,4%);
Second Life (2,6%);
Twitter (2,5%).
Il dato più rilevante riguarda proprio il
sito di microblogging, che rappresenta in assoluto il competitor maggiore per Facebook, ma che, evidentemente, non riesce a far leva sugli utenti più giovani.
Fra le motivazioni alla base dell'accesso al web, in particolare per questo genere di siti, è emerso come il 28,7% dei ragazzi apprezzi il fatto che i social network consentano di rimanere in contatto con gli
amici di sempre e con quelli che abitano in città lontane o con coloro che non si ha modo di frequentare da molto tempo (23,6%).
L'indagine mette inoltre in luce come il 14,9% dei giovani utenti utilizzi le reti sociali sul web per fare
nuove conoscenze. Infine, l'attrattiva dei social network sono anche, per questa fascia di popolazione, le
applicazioni: giochi, gruppi e test costituiscono, per il 10,4% del campione, un modo di trascorrere il tempo libero.
I siti di social networking non sono riusciti a conquistare il 13% degli adolescenti, i quali, nell'8% dei casi, li considerano una
perdita di tempo e, per il 5% degli intervistati, rappresentano un rischio per la
riservatezza personale.
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