L'Antitrust italiano ha archiviato l'indagine avviata nei confronti di Google, indagine istituita su pressione della
Federazione italiana degli Editori di giornali (
Fieg), che ha chiesto a gran voce l'intervento dell'
Autorità garante della Concorrenza e del mercato (
Agcm).
La Fieg, infatti, ipotizzava che le attività di aggregazione e di advertising online sui contenuti portate avanti da BigG fossero
commercialmente scorrette e poco chiare. L'accusa che si profilava all'orizzonte per Google dev'essere echeggiata molte volte nei corridoi di Mountain View:
abuso di posizione dominante.
E come potrebbe essere altrimenti? Il motore di ricerca americano, infatti, è
dominatore incontrastato del settore della pubblicità online, pubblicità spesso veicolata sui contenuti di proprietà altrui.
Gli impegni presentati da Google hanno finalmente messo fine all'
istruttoria intentata nei suoi confronti, istruttoria cominciata 16 mesi fa. Il gigante si è
impegnato a rispettare tali impegni per almeno tre anni, pur di far chiudere il caso.
Ma c'è di più. La questione è stata sfruttata dall'Antitrust per
redarguire il Parlamento su un aspetto ancora "selvaggio" a livello di normative: internet.
Ma andiamo con ordine. I primi malumori erano nati dalla
Fedoweb, associazione degli editori online, e dalla società
Matrix che fa parte del gruppo Telecom.
Gli interessati si erano poi uniti, scatenando l
'esposto dell'Agcm all'Antitrust e la successiva istruttoria.
Come anticipato più sopra
i punti caldi erano due: la regolamentazione dell'aggregazione dei contenuti su
Google News e i meccanismi di
revenue sharing di Adsense, programma attraverso cui Google veicola la pubblicità su moltissimi siti web.
Per quanto riguarda il primo aspetto, gli editori chiedevano un qualunque tipo di sistema di
controllo dei contenuti aggregati su Google News, un po' come già succede in altri paesi europei.
Google, infatti, permetteva solo di includere o escludere i contenuti. Punto.
Con l'impegno appena sottoscritto dal gigante americano i produttori di contenuti potranno decidere in maniera più approfondita cosa "lasciare" a Google News e cosa no. Il che
pareggia l'equilibrio fra "contenitore" e "contenuto".
Ci sono novità anche a livello di
Adsense, il celebre prodotto di Google che gestisce la maggior parte degli annunci online. Il sistema funziona in questo modo: l'inserzionista decide che tipo di campagna effettuare mentre i gestori di siti web che si affiliano a Adsense mettono a disposizione il loro spazio online a Google.
BigG funge da tramite fra domanda e offerta: Adsense, infatti, "invia" su ogni sito la pubblicità più pertinente con i contenuti in esso presenti, secondo il principio "un utente interessato è più propenso a cliccare e comprare".
Al proprietario del sito, poi, Google gira una parte del ricavato.
E l'altro punto "caldo" era proprio questo:
gli affiliati Adsense non sapevano a quanto ammontassero i ricavi, nà© in che modo fosse regolato il revenue sharing.
Vale a dire che ogni proprietario di siti web metteva a disposizione di Google dello spazio online, ma senza sapere quanto effettivamente andasse nelle tasche di Mountain View e il rapporto con i suoi guadagni. In più BigG
cambiava le regole a piacimento, senza comunicare alcunchà© agli affiliati.
Con i nuovi impegni presi da Google, però, le cose cambiano. L'azienda, infatti, dovrà "rendere note agli editori le quote di ripartizione dei ricavi che determinano la remunerazione degli spazi pubblicitari AdSense Online". E gli editori verrà concesso anche "di conoscere preventivamente le eventuali modifiche delle percentuali applicate".
Ma non è tutto, gli editori potranno anche
misurare con strumenti propri i click effettuati su un dato link, così da poter conoscere esattamente il ricavo pubblicitario di ogni contenuto editoriale. In questo modo si potrà sapere quanto Google guadagna esattamente e le percentuale per chi possiede un sito web affiliato con Adsense.
La delibera dell'Antitrust non ha "messo in riga" solo Google. Nel testo depositato, infatti, c'è un
chiaro appello al Legislatore perchà© adegui le normative vigenti in materia di
diritti d'autore, tenendo conto anche dei "nuovi" media come
internet.
Le leggi in essere, infatti, non sono per nulla al passo coi tempi e
del tutto inadeguate alla realtà dell'odierna informazione: è quindi necessario "definire un sistema di diritti di proprietà intellettuale in grado di incoraggiare forme di cooperazione virtuosa tra i titolari di diritti di esclusiva sui contenuti editoriali e i fornitori di servizi innovativi". Come quelli di Google, appunto.
Vedremo se il Parlamento raccoglierà l'appello - l'ennesimo - dell'Antitrust. Intanto godiamoci la soddisfazione di vedere, per una volta, una decisione giusta di un ente governativo italiano in materia di internet.
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