Il rapporto "
Freedon the Net 2011" pubblicato da
Freedon House non si discosta di molto dai risultati ottenuti nelle ultime due edizioni di
Reporters Without Borders in cui emergeva un crescente numero di governi si sta indirizzando verso la regolamentazione o la restrizione della libera circolazione dell'informazione in rete.
Sono diversi gli stati sempre più autoritari che bloccano e filtrano sempre più meticolosamente siti associati all'opposizione politica, obbligando i proprietari di siti a rimuovere contenuti politicamente e socialmente controversi e «arrestando blogger e utenti che postino informazioni contrarie al punto di vista del governo.

Ma
anche in paesi più
democratici «molestie legali, procedure censorie opache e una maggiore sorveglianza» mettono sempre più a rischio la libera espressione.
In 15 dei
37 paesi esaminati la tendenza sarebbe quindi quella di aumentare il blocco dei contenuti politici in modo che non sempre è trasparente. Sempre più numerosi sono gli attacchi cibernetici a possibili dissidenti o la soffocazione via web di rivolte nascenti.

L'
Italia si classifica tra i paesi liberi, anche se in questo gruppo è in fondo alla classifica meglio solo del
Brasile e anche se nel nostro paese i progetti di legge potenzialmente lesivi per la libertà di stampa e di espressione siano stati accantonati nel 2010, il governo di
Silvio Berlusconi con il suo impero mediatico e televisivo continua a rappresenta un incentivo alla restrizione della libera circolazione dell'informazione online.
Anche se lo studio ammette che è proprio in rete che gli italiani possono trovare una pluralità di vedute e un grado di criticismo verso il governo che non è presente in tivù e sulla carta stampata.
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