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Google Take Action: petizione per la libertà della rete

Google ha presentato sul sito Take Action una petizione per aderire alla protesta contro la revisione dei trattati di regolamentazione di internet.

Autore: Chiara Bernasconi

Pubblicato il: 22/11/2012

Sul sito Take Action è presente una petizione per aderire alla protesta contro la revisione dei trattati di regolamentazione di internet, con il conseguente rischio di “isolamento digitale” di alcune zone.
Dal 3 al 14 dicembre prossimi si terrà a Dubai la 12esima Conferenza Mondiale sulle Telecomunicazioni Internazionali volta ad aggiornare i regolamenti che sovraintendono a ogni forma di scambio di informazioni da uno stato all’altro.
Verosimilmente, la conferenza sarà l’occasione per l’ITU, l’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni, di chiedere che le vengano attribuiti molti dei poteri di regolazione di internet, che allo stato attuale appartengono all’ICANN, un’organizzazione privata e indipendente il cui compito è quello di rispondere ai bisogni della comunità degli utenti Internet nel suo insieme.
Dall’ITU però non è giunta alcuna conferma circa la volontà di effettuare questa richiesta. Molte, inoltre, le critiche mosse a questa eventualità, tra le quali spicca su tutte quella di Google: Big G ha infatti creato una pagina apposita per spiegare la propria posizione contraria.
Secondo il colosso di Mountain View, infatti, l’ITU è controllata direttamente dai governi, tra cui quelli di molti Paesi che si oppongono all’uso della rete per la libera circolazione di informazioni e di idee.
Proprio per questo motivo, Google ritiene sia meglio che il controllo di internet rimanga all’ICANN.
Ecco le parole usate da Big G su Take Action: “L’agenzia delle Nazioni Unite “Unione internazionale delle telecomunicazioni” (UIT), che riunisce le autorità di regolamentazione di tutto il mondo, ha in programma di rinegoziare un trattato vecchio di decenni. Alcune proposte potrebbe consentire ai governi di censurare siti e argomenti legittimi, o anche consentire loro di bloccare l’accesso a internet. Altre proposte richiederebbero a servizi come YouTube, Facebook o Skype di dover pagare per potersi estendere oltre i confini attuali, una decisione che potrebbe limitare l’accesso alle informazioni in particolare nei mercati emergenti”.

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