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Il 10% dei ragazzi americani è "malato" di videogames

Ben il 10% dei ragazzi nordamericani sarebbe dipendente da videogames. E' quanto emerge dalla ricerca dello psicologo prof Douglas Gentile, dopo uno studio su quasi 1200 ragazzi e teenager. Irascibilità , disattenzione e basso rendimento sono i sintomi di quella che viene definita una malattia, e in attesa di uno studio tocca ai genitori istruire bene i figli sull'argomento.

Autore: Redazione D.Life

Pubblicato il: 21/04/2009


Secondo uno studio recentemente pubblicato da uno psicologo della Iowa State University, Douglas Gentile, il 10% dei giovani nordamericani sarebbe dipendente dai videogames. Il campione "malato", su un totale di 1178 giovani fra 8 e 18 anni intervistati, presenta secondo Gentile alcuni comportamenti definiti "patologici", primo fra questi il non riuscire a staccarsi dal Pc/console, usandolo almeno 24 ore la settimana (il doppio del "limite di dipendenza" imposto da Gentile).
Altri "sintomi" diffusi sono un basso rendimento scolastico, irritabilità  nel tempo di non gioco (che porta a difficoltà  nei rapporti con altre persone di tutte le età ) e poca attenzione del dipendente a quanto gli accade intorno. 
Altro grande problema emerso nel rapporto del professore (che raccomanda ai genitori di imporre una vera educazione in materia ai figli, per riuscire a sfruttare i lati positivi di un videogioco) è quello di riuscire a riconoscere i ragazzi per i quali questo tipo di dipendenza può diventare veramente pericoloso, percentuale molto bassa ma capace di azioni estreme (anche uccidere o morire, visti alcuni precedenti in USA e Canada); la difficoltà  in questo caso è che bisognerebbe effettuare un'analisi sull'utente, per capire chi sia più a rischio, analisi che però al momento necessita uno studio di fattori in gioco ancora da scoprire.
Non sono comunque solo i giovani americani ad essere a rischio di "dipendenza da videogioco": se in Italia infatti il 70% della popolazione considera il Pc una droga, in Cina la dipendenza dalla rete è già  stata catalogata come malattia.


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