"Figuriamoci se gli agenti della Polizia si mettono a spiare gli italiani su Facebook". Con queste parole il direttore centrale della PolPost,
Antonio Apruzzese, smentisce l'Espresso.
Secondo il settimanale, in edicola oggi, le istituzioni italiane avrebbero stretto un
accordo segreto con Facebook. Accordo che avrebbe permesso a circa 400 agenti della Direzione Investigativa di spiare e schedare i 17 milioni di italiani registrati al sito, senza preoccuparsi di richiedere le autorizzazioni alla magistratura.
"Ogni accesso ai contenuti di Facebook richiede sempre e comunque la preventiva autorizzazione della magistratura" continua Apruzzese, che sembra voler chiarire i fatti una volta per tutte "Se violassimo la rete senza le autorizzazioni necessarie commetteremmo un
reato penale e, inoltre,
l'indagine non avrebbe nessun valore processuale".
Tutto molto semplice, sembrerebbe. In sostanza,
per alcune tipologie di reato, la Polizia Postale può fare a meno delle autorizzazioni internazionali già da tempo e senza il bisogno di accordarsi con Facebook. Lo spiega in modo schietto proprio Apruzzese:
"Se qualcuno su Facebook annuncia che si vuole uccidere, che facciamo? Avviamo tutte le pratiche delle convenzioni internazionali? Certo che no, interveniamo subito, ovviamente con l'appoggio della magistratura".
Un incontro però c'è stato, lo scorso ottobre in Italia. I responsabili di Facebook, accompagnati dai loro legali, hanno illustrato alla Direzione Centrale della PolPost le
procedure per richiedere ed ottenere l'accesso alla rete per vicende giudiziarie.
"Hanno spiegato punto su punto, abbiamo stilato insieme le linee guida e girato le direttive a tutti gli organismi di polizia italiana» conclude Apruzzese.
La smentita degli organi competenti è chiara e precisa, ma probabilmente la polemica si protrarrà nel tempo.
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