Le
applicazioni per smartphone rivelano i
dati personali degli utenti a
terze parti? Le voci che circolano in questi giorni riportano in auge l'annoso problema.
La questione è stata sollevata di nuovo dal
Wall Street Journal, in un articolo apparso poco tempo fa: gli esperti della testata hanno esaminato
oltre 100 fra le app più famose e hanno riscontrato delle
fughe di dati sospette.
Di
101 applicazioni testate, infatti, ben
56 hanno inviato a terzi il
codice identificativo del telefono (codice IMEI),
47 inviano dati di localizzazione del terminale e
5 comunicano l'età , il sesso e altri dettagli sull'utente del device.
Il giornale di
Rupert Murdoch ha contattato, fra gli altri, anche
Apple sulla questione: un portavoce di Cupertino ha dichiarato che
l'azienda effettua approfonditi controlli su tutte le App prima di metterle online e che ci sono
precisi meccanismi per garantire la privacy dell'utente.
Questi meccanismi, però, non funzionano molto bene, sostiene il Wall Street Journal: l'app
Pandora per ascoltare musica, è stato rilevato, invia informazioni a "8 società di tracciamento", tra essi figurano l'user name e la password del telefono, i contatti telefonici e mail, l'età e il sesso del cliente, la sua esatta posizione, il codice identificativo unico e il numero del telefono. Insomma
quasi tutti i dati sensibili che sono presenti su uno smartphone.
E lo stesso avviene per il
software destinato a smartphone Android.
La violazione della privacy è palese e la questione sollevata dal WSJ potrebbe anche causare delle
indagini approfondite da parte degli organi competenti.
Che i propri dati sensibili vengano "rubati" e "spifferati" a società di marketing e pubblicità è un fatto grave che sicuramente causerà delle polemiche.
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