Fedele Confalonieri non vede per nulla di buon occhio la rete e le sue ingerenze soprattutto verso la televisione. àˆ quanto emerso dall'assemblea dei soci di
Mediaset, presieduta proprio dal presidente Confalonieri che se la prende anche con "l'incomprensibile politica di favore verso il mondo delle telecomunicazioni a scapito del mondo di noi televisivi" nella gara per la
banda larga (800 megahertz).
I broadcaster della tv, infatti, vedrebbero in
internet un acerrimo nemico più che una nuova fonte a cui attingere per rinnovare una televisione che ormai non è più al passo con i tempi.
Confalonieri ritiene che, se da una parte, nel rapporto tra Internet e televisione regni la più totale anarchia e assenza di controlli "dall'altra, invece, vi è una pesante ingerenza degli organi di regolamentazione. E' un'asimmetria molto dannosa, se si considera che ci va di mezzo tutto ciò che è
creazione intellettuale,
contenuto originale,
copyright. Il nostro conflitto con
Google, nel quale siamo alleati con gli altri editori, in Italia e all'estero, vuole difendere gli investimenti contro ogni utilizzo parassitario e pirateria. Noi non vogliamo privare il mondo degli internauti dei contenuti più preziosi e apprezzati, ma vogliamo invece fare in modo che questi contenuti continuino a essere pensati, finanziati, distribuiti dentro la logica economica. L'unica che garantisce la loro generazione".
«Qui non è il passato della tv contro il futuro di Internet - ha osservato Confalonieri- e questa è una lettura in malafede. Qui ciò che è in ballo è il
modello di business basato sul pilastro dell'esclusiva e della remunerazione dei diritti. Se le major e il broadcaster perderanno la loro battaglia vi sarà una progressiva e inesorabile desertificazione dello show business, della creatività , della produzione di contenuti di qualità ".
Poi se l'è presa con aveva pronosticato la fine della tv tradizionale e "ci tocca anche sentire le obsolete prediche antitelevisive, soprattutto anti-Mediaset, degli editori di carta stampata.
Come si fa - ha continuato - a parlare di
flop del digitale, che riguarda il mondo intero, proprio quando il digitale aumenta la platea televisiva? E come si fa - ha aggiunto - a parlare di duopolio
Rai-Mediaset quando con il digitale, oltre alle nove tradizionali reti analogiche, hanno visto la luce quarantuno nuovi canali, che già raccolgono oltre il
15% dell'ascolto totale? E come si fa - ha insistito - a dire che non esiste ancora il tanto invocato terzo polo in Italia, quando si stagliano nel panorama tv colossi alternativi come
Sky e aziende in forte espansione come La Sette? Eppure queste cose ci tocca ancora sentirle, con l'immancabile richiamo allo strapotere, rispetto alla carta stampata, della pubblicità televisiva".
Un discorso piuttosto
estremista il suo che lascia trasparire un certo astio nei confronti della rete, forse anche a seguito della
causa (vinta da Mediaset) circa la pubblicazione dei video del Grande Fratello su
Youtube.
La tv è innegabile che sia diventata decisamente
meno allettante della rete per contenuti e ciclicità di ciò che viene proposto, ora il nuovo viaggia in rete e attingervi per svecchiare un mezzo che sta diventando polveroso sarebbe una buona mossa di innovazione.
Il problema, quindi, è chiaro: bisogna salvaguardare il business, anche se questo viene camuffato da creazione intellettuale, contenuto originale e copyright.
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