I messaggi di
WhatsApp non sarebbero così sicuri e protetti come da sempre affermato dalla società guidata da
Jan Koum e controllata da
Facebook dal 2014.
Un ricercatore dell’università della
California a Berkeley ha scoperto una specie di porta segreta, denominata in linguaggio tecnico “backdoor”, che consentirebbe alla medesima piattaforma (o alle agenzie che ne chiedessero accesso), nonostante l’apparente cifratura, di
intercettare e leggere i messaggi e i contenuti scambiati.
La notizia è stata riportata dal quotidiano inglese “
The Guardian”, secondo il quale la questione è legata al modo in cui il protocollo di sicurezza responsabile della blindatura dei contenuti delle conversazioni è stato implementato.
Per alcune organizzazioni si tratta di "un grave rischio per la libertà d’opinione" e potrebbe essere utilizzato dalle agenzie governative. Così gli utenti, mentre pensano di muoversi in un ambiente sicuro senza il rischio di essere spiati, potrebbero essere tranquillamente intercettati.
La crittografia end-to-end su cui si basa WhatsApp si serve della generazione di chiavi di sicurezza univoche attraverso il protocollo Signal sviluppato dalla
Open Whisper Systems.
Questo incrocio di chiavi consentirebbe di decifrare i contenuti dei messaggi crittografati solo ai device del mittente e del destinatario, in grado di confrontare chiave pubblica e privata.
Secondo il ricercatore di Berkeley l’app avrebbe
la possibilità di truccare i giochi, generando nuove chiavi crittografiche quando gli utenti sono offline, all’insaputa dunque sia del mittente, sia del destinatario dei messaggi.
Il tutto può avvenire solo per i messaggi non ancora consegnati, che verrebbero così ricrittografati con le chiavi fasulle e poi rispediti.
Il destinatario non avrebbe modo di rendersene conto mentre al mittente questo passaggio sarebbe notificato solo qualora abbia optato per ricevere le notifiche relative alla sicurezza e solo dopo che i messaggi siano stati effettivamente rispediti con la nuova chiave.
Questa scoperta è stata sottoposta dal quotidiano britannico a una serie di esperti che l’ha confermata. Fra questi anche quelli del
Centro di ricerca sull’informazione, sulla sorveglianza e sulla privacy dell'università di Stirling, che hanno definito questa possibilità "una miniera d’oro per le agenzie di sicurezza".
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